lunedì 22 ottobre 2007

Recruiting su Second Life: opportunità o bluff? (Parte 3^)

Abbiamo visto come prima negli Stati Uniti e poi in Europa il fenomeno di Second Life, sull’onda del suo successo mediatico, abbia investito anche il settore delle risorse umane con l’organizzazione dei primi virtual job meeting seguiti da attività di recruiting vere e proprie condotte dalle singole aziende alle quali peraltro, giova ricordarlo, nel luglio 2007 si è aggiunta anche un’azienda italiana.

Si tratta della Banca Nazionale del Lavoro che ha aperto su Second Life un suo spazio 'informale' – il Bnl Cafè – destinato ad ospitare eventi e iniziative speciali legate all'attività della banca: dalla promozione dei prodotti alla visibilità delle manifestazioni delle quali l’azienda è sponsor come la festa del cinema di Roma o gli internazionali di tennis, fino alle attività di recruiting.

Da questo punto di vista la Bnl è stata la prima azienda italiana ad iniziare attività di recruiting su SL per la ricerca di profili nel settore IT, programmatori e project manager.

L’annuncio, come di consueto, ha ottenuto il suo riscontro mediatico. E’ bastato infatti l’annuncio che la banca avrebbe fatto colloqui di assunzione su Second Life per scatenare il solito delirio giornalistico. Il Sole 24 Ore, La Repubblica, Il Corriere della Sera, solo per citare i maggiori quotidiani nazionali, hanno risposto dedicando grande risalto ad una iniziativa che probabilmente aveva come obiettivo principale proprio questo: ottenere una positiva ricaduta d’immagine sulla stampa, piuttosto che chissà quali aspettative da un’attività di recruiting il cui processo peraltro era abbastanza complesso e per certi versi singolare.

Infatti, per poter sostenere un colloquio di lavoro su Bnl Cafè occorreva prima registrasi nell’area lavoro del sito aziendale della banca e inoltrare il proprio curriculum. Poi, una volta visionato dagli uomini delle risorse umane della banca e solo se giudicato interessante, attendere una mail nella quale veniva specificato ora dell’appuntamento su Second Life e nome della persona che avrebbe fatto il colloquio. Ma, una volta che mi sono collegato al sito di Bnl e ho lasciato il mio CV se questo viene valutato interessante non sarebbe più semplice e immediato ricorrere alla vecchia intervista telefonica per un primo screening con il selezionatore piuttosto che organizzare il primo follow up su Second Life? D’accordo, vogliamo fare i moderni, quelli che stanno al passo coi tempi. Ma allora incontriamoci in chat. Francamente mi riesce difficile comprendere la ratio del meccanismo adottato.

D’altra parte, anche organizzare una presenza fissa e ostante su Second Life avrebbe dal punto di vista di chi scrive poco senso. Al di la del numero degli iscritti, quanti sono realmente i frequentatori abituali di Second Life? E quanti, tra questi, sanno che esistono delle opportunità di recruiting? E, soprattutto, quanti di questi sono su Second LIfe per cercare nuove opportunità di lavoro?

Second Life è un social network di grande impatto ma le sue dimensioni effettive sono molto più piccole di quanto reclamizzato. Se è vero che Second Life ha oltre 9 milioni di iscritti, solo tra i 20 e i 40 mila sono online in un dato momento della giornata e non sono interessati tanto alla ricerca di un lavoro quanto piuttosto ai quartieri a luci rosse e ai negozi in cui si vendono genitali (già, perché l’avatar “modello base” non prevede questi optional) come riportato da una recente indagine di Gartner
che mette in guardia le aziende dalle possibili ricadute negativa di una non corretta presenza sul mondo virtuale.

Tutto questo per dire che su un comunicato stampa suona piuttosto bene dire che si fanno colloqui di assunzione su Second Life, ma tradotto in pratica, di cosa stiamo parlando?

D’altra parte il
Los Angeles Times ha recentemente pubblicato un interessante articolo nel quale ha confermato, dati alla mano, il fiasco di numerose vetrine business aperte sulla nota piattaforma online, tanto da parlare di effetto sboom. Molte aziende che hanno investito pesantemente in Second Life, penso ad esempio a Coca-Cola, si ritrovano ora ad avere concepito spazi virtuali visivamente perfetti, ma desolatamente vuoti.

La stessa Assodigitale, l'Associazione italiana degli operatori digitali, ha voluto investigare il mondo virtuale di Second LIfe e in un suo report emerge come la presenza degli avatar aziendali e soprattutto quella dei visitatori nelle sedi virtuali dei grandi marchi (come Best Buy, Sun Microsystems o Dell) sia effettivamente limitata se non del tutto assente.

Sarà per questo allora che Brian McGuinness, vice presidente di Virtual Aloft, uno dei tanti marchi di Starwood Hotels & Resorts Worldwide ha dichiarato che "Non c'è un motivo convincente per rimanere", nel commentare la decisione aziendale di
chiudere il suo hotel.

Peccato che i media italiani sembrano non essersene accorti, tant’è che ancora il 15 ottobre 2007 sull'inserto Affari&Finanza di La Repubblica, una pagina intera veniva dedicata allo sbarco su Second Life di Generali, riportando numeri senza senso come 9,3 milioni di utenti registrati su Second Life ad agosto ognuno dei quali avrebbe passato 2 ore mezza nel sito in media nel mese!!! o ancora citando come case history proprio il caso di Aloft di Starwood che invece alla data di pubblicazione dell’articolo ha già chiuso i battenti.

Detto questo e al di là delle considerazioni di come i media possano distrocere la realtà di un fenomeno con il rischio di far cadere in errore chi, sulla base delle notizie riportate, decide di mettere in piedi un'attività sul mondo virtuale, non credo che un’impresa possa, allo stato attuale delle cose, investire con profitto in Second Life.

La seconda vita virtuale è in definitiva un ottimo strumento di marketing con il quale osservare la dinamica di alcuni trend giovanili e avere dei feedback interessanti per il marketing aziendale (vi sono comunque altri mondi virtuali come There , Entropia Universe , Barbie Girls, ecc.), anche se l'esperienza Fiat con la community di appassionati raccoltisi attorno al sito della 500 diversi mesi prima del lancio della stessa per dare il proprio contributo con suggerimenti e indicazioni sembra dimostrare che il vero elemento di successo sia quello di riuscire ad integrare al meglio gli strumenti del web 2.0 ovvero di Internet partecipativo nel business aziendale.

Anche dal punto di vista delle risorse umane le cose non sembrano essere diverse. Secondo Warren Ashton, recruiting manager di Microsoft che ha partecipato al primo virtual job meeting organizzato da TMP "è troppo presto per dichiarare il successo della strategia di recruiting su Second Life" anche perché i profili con i quali si entra in contatto sono per la maggior parte molto junior e senza significative esperienze di lavoro alle spalle, come riconosciuto anche da Louis Vong, vice presidente strategie interattive di TMP che riconosce come "il fatto che l’età media su Second Life sia inferiore ai 30 anni si riflette anche sull’età dei partecipanti ai job meeting".

Tutto questo per dire che tanto intellettualismo, strategie marketing estreme e piani di brand-enforcement sul mondo virtuale sono inutili?

No, se l’obiettivo di fondo è quello di andare online per guadagnare l'onore delle cronache off-line e una buona rassegna stampa. Un modo per mostrarsi all'avanguardia insomma, che può avere benefici effetti sul brand aziendale se giocato nel giusto modo, ma che può presentare anche dei risvolti meno interessanti e anzi potenzialmente dannosi all'imagine aziendale.

Ne sa qualcosa l'Ibm, coinvolta proprio in quello che può essere definito il primo sciopero online su Second Life organizzato dai dipendenti italiani con il supporto di lavoratori provenienti da diversi Paesi del mondo. Questo si che può essere definito un successo: uno sciopero virtuale al quale hanno partecipato 1.800 avatar provenienti da Francia, Messico, Israele, solo per citarne alcuni, che hanno dimostrato solidarietà nel sostenere la vertenza dei lavoratori di Vimercate sull’accordo relativo al «premio di risultato». Risultato mediatico? Servito, con articoli su La Stampa, l'Unità, City Milano e Datamanager solo per citarne alcuni.

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