Nel nostro Paese si sa le mode arrivano sempre con qualche mese di ritardo. Ci entusiasmiamo quando gli altri hanno già perso interesse. Non fa eccezione Second Life verso cui molte aziende italiane hanno dedicato negli ultimi mesi e alcune stanno ancora dedicando crescenti attenzioni proprio nello stesso periodo in cui le grandi aziende multinazionali che vi hanno già investito stanno riconsiderando le proprie posizioni domandandosi se quello di Second Life sia un affare o un grande bluff.
Proviamo ad inquadrare meglio la vicenda che ha degli impatti sia sulla corporate identity che sull’employer branding.
Second Life è un mondo virtuale tridimensionale multi-utente online inventato nel 2003 dalla società americana Linden Lab. Il funzionamento è piuttosto semplice: ci si iscrive gratuitamente, si scarica un software (che peraltro richiede buone prestazioni del proprio pc per funzionare oltre ad un collegamento internet veloce) con cui collegarsi al mondo virtuale, si sceglie un nome, si crea il proprio avatar (cioè la propria rappresentazione grafica) e si può iniziare a girare per questa terra costituita da enormi isole e piena di negozi, ristoranti, attività commerciali e aree per adulti.
Tralasciando le applicazioni economiche che al momento non interessano per quello che ci proponiamo di analizzare vale la pena di soffermarsi sul fatto che questo ambiente ha vissuto un vero e proprio boom mediatico nei primi mesi del 2007 negli Stati Uniti sulla scorta del fatto che il mondo virtuale di Second Life avrebbe raggiunto la soglia di 9 milioni di iscritti e di uno studio di Gartner Group che, nel momento in cui è stato pubblicato, prevedeva che entro il 2011 ben l’80 per cento degli utilizzatori di Internet avrebbe avuto una qualche forma di seconda vita in una virtual community (anche se non necessariamente su Second Life).
Stregate da questi numeri e dall’unanime coro di consensi che si levava sulla creatura dei Linden Labs molte aziende hanno quindi iniziato a costruire una propria presenza su Second Life, realizzando (anche se sarebbe meglio dire “sviluppando” mediante del software) palazzi, negozi e strutture varie per promuoversi, farsi pubblicità e perchè no, fare business. E stiamo parlando di aziende di primo piano come Microsoft, Toyota, Coca-Cola e Warner Bros, tanto per fare alcuni esempi.
L’interesse, per le tematiche affrontate in questo blog, inizia a nascere quando TMP Worldwide Adv&Comm annuncia la possibilità per le sue aziende clienti di fare attività di recruiting promuovendo il primo job fair virtuale su Second Life al quale partecipano aziende del calibro di HP, Microsoft, Verizion Communications e Sodexho.
L’evento, battezzato Network in World, svoltosi su Second Life dal 15 al 17 maggio 2007 può essere effettivamente considerato come il primo salone del lavoro virtuale e l’inizio dell’era del virtual recruiting. Grande successo, molta attenzione, soprattutto mediatica, tant’è che ne è stata organizzata una seconda edizione dal 21 al 23 agosto 2007 con la partecipazione questa volta di aziende come Accenture, General Electric, Emc2 e US Cellular.
I colloqui di lavoro si svolgono in chat privata per 15-30 minuti, poi se c’è davvero interesse il processo di selezione si estende inevitabilmente al mondo reale.
Secondo alcuni è un passo verso cui si orienterà la ricerca di nuovi talenti nel futuro perché l’uso di Second Life, annullando le distanze geografiche, può essere fonte di vantaggio competitivo perché da la possibilità di entrare in contatto con giovani talenti provenienti da tutto il globo.
Come funziona il recruiting su Second Life.
lunedì 15 ottobre 2007
Recruiting su Second Life: opportunità o bluff? (Parte 1^)
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