giovedì 19 aprile 2007

Definizione di employer branding

La risposta ai problemi derivanti dalla necessità di reperire e mantenere le persone chiave, valorizzando in tal modo il capitale intellettuale delle aziende, si identifica oggi nello sviluppo di azioni innovative mirate specificatamente alla gestione delle risorse umane.

In quest'ottica di valorizzazione del potenziale umano il primo e più importante elemento di catalizzazione dell'attenzione dei candidati è sicuramente il brand aziendale, che deve essere considerato e gestito in un'ottica di marketing sia verso i collaboratori attuali che verso quelli potenzialmente inseribili in azienda.

Occorre, quindi, mettere in atto delle tecniche di marketing per il brand aziendale, adottando una strategia di employer branding che definiremo quindi come "una strategia di marketing per attrarre i talenti che ha l'obiettivo di creare e comunicare l'identità aziendale come luogo di lavoro ai potenziali collaboratori (recruiting) e ai propri dipendenti (retention), in coerenza con i valori specifici e distintivi che si vogliono trasmettere".

La tematica dell'employer branding si traduce allora in un processo di creazione di valori aziendali e della loro comunicazione al giusto target. E l'employer experience, ovvero cosa significa lavorare in quella determinata azienda, è alla base di questo processo di valorizzazione ed è costituita non solo da elementi tangibili, come la retribuzione e i benefit, ma sopratutto da aspetti immateriali, quali la cultura aziendale, i valori nei quali l'azienda si identifica, le opportunità di crescita professionale, la carriera e lo stile manageriale.

Quando queste attività sono svolte bene, ovvero quando quel processo di marketing verso le risorse umane che abbiamo definito employer branding si applica con correttezza e con coerenza, la percezione del valore dell'azienda si rafforza sia all'esterno presso i potenziali candidati che all'interno presso i propri dipendenti.

Questa percezione, una volta trasmessa, crea un feeling positivo nei confronti dell'azienda come un luogo desiderabile in cui sviluppare la propria attività lavorativa. La comunicazione, sia verso l'esterno sia verso l'interno dell'organizzazione, deve essere quindi sinergica e complementare, perchè quella sorta di "patto" - ovvero il significato che si attribuisce all'appartenere ad una data azienda - che si stabilisce con i candidati potenziali, deve poi essere mantenuto una volta che i candidati ne sono diventati parte attiva.

Proprio per questo le attività di employer branding non si esauriscono con l'ingresso in azienda ma debbono essere applicate in maniera continuativa anche successivamente perchè è solo dimostrando un'assoluta coerenza con quanto si comunica e quanto si vive in azienda che si riesce ad effettuare una vera azione di employer branding orientata ai talenti.


lunedì 16 aprile 2007

Google best employer secondo l'indagine Fortune "Best100 companies to work for"


A sorpresa l'edizione 2007 della Best100 di Fortune sulle migliori aziende nelle quali lavorare negli Stati Uniti premia Google come azienda nella quale gli americani, potendo scegliere, vorrebbero lavorare.
Un'azienda quella fondata da Larry Page e Sergey Brin, che da sempre considera i propri collaboratori come risorse di valore e che presta particolare attenzione all'ambiente di lavoro: piscina, spa, visite mediche e una particolare e spasmodica attenzione alla qualità della vita e del lavoro.
Un' azienda che ha saputo costruire negli ultimi anni non solo un incredibile modello di business fondato sulla pubblicità ma anche un employer value proposition molto distintiva rispetto alle altre aziende della Silicon Valley. D'altra parte, quale altra azienda consente e anzi incoraggia i propri ingegneri a dedicare fino al 20 per cento del loro tempo su progetti indipendenti?
Meno bene è andata alle due aziende che forse più delle altre cercano di contrastare la supremazia dell'azienda di Mountain View sul web: Yahoo e Microsoft che si posizionano rispettivamente al 44esimo e 50esimo posto nella prestigiosa classifica delle aziende preferite nelle quali lavorare.


Rank/Company (Fortune Best 100 companies to work for), edizione 2007:
1.
Google
2.
Genentech
3.
Wegmans Food Markets
4.
Container Store
5.
Whole Foods Market
6.
Network Appliance
7.
S.C. Johnson & Son
8.
Boston Consulting Grp.
9.
Methodist Hospital Sys.
10.
W.L. Gore & Associates
11.
Cisco Systems
12.
David Weekley Homes
13.
Nugget Market
14.
Qualcomm
15.
American Century Invest.
16.
Starbucks Coffee
17.
Quicken Loans
18.
Station Casinos
19.
Alston & Bird
20.
QuikTrip
21.
Griffin Hospital
22.
Valero Energy
23.
Vision Service Plan
24.
Nordstrom
25.
Ernst & Young
26.
Arnold & Porter
27.
Recreational Equip. (REI)
28.
Kimley-Horn & Assoc.
29.
Edward Jones
30.
Russell Investment Grp.
31.
Adobe Systems
32.
Plante & Moran
33.
Intuit
34.
Umpqua Bank
35.
Children's Healthcare of Atlanta
36.
Goldman Sachs
37.
Northwest Community Hospital
38.
Robert W. Baird
39.
J.M. Smucker
40.
Amgen
41.
JM Family Enterprises
42.
PCL Construction
43.
Genzyme
44.
Yahoo
45.
Bain & Co.
46.
First Horizon National
47.
American Fidelity Assur.
48.
SAS Institute
49.
Nixon Peabody
50.
Microsoft
51.
Stew Leonard's
52.
OhioHealth
53.
Four Seasons Hotels
54.
Baptist Health Care
55.
Dow Corning
56.
Granite Construction
57.
Publix Super Markets
58.
PricewaterhouseCoopers
59.
Pella
60.
MITRE
61.
SRA International
62.
Mayo Clinic
63.
Booz Allen Hamilton
64.
Perkins Coie
65.
Alcon Laboratories
66.
Jones Lang LaSalle
67.
HomeBanc Mortgage
68.
Procter & Gamble
69.
Nike
70.
Paychex
71.
AstraZeneca
72.
Medtronic
73.
Aflac
74.
American Express
75.
Quad/Graphics
76.
Deloitte & Touche USA
77.
Principal Financial Grp.
78.
Timberland
79.
TDIndustries
80.
Lehigh Valley Hospital & Health Ntwrk.
81.
Baptist Health S. Florida
82.
CDW
83.
EOG Resources
84.
Capital One Financial
85. Standard Pacific
86.
National Instruments
87.
Texas Instruments
88.
CarMax
89.
Marriott International
90.
Men's Wearhouse
91.
Memorial Health
92.
Bright Horizons
93.
Milliken
94.
Bingham McCutchen
95.
Vanguard
96.
IKEA North America
97.
KPMG
98.
Synovus
99.
A.G. Edwards
100.
Stanley

mercoledì 11 aprile 2007

Vincere la guerra dei talenti con l'employer branding


Quando Ed Michaels e gli uomini della McKinsey&Co., in un ormai famoso studio sul mercato del lavoro datato 1997, coniarono la famosa espressione guerra dei talenti per indicare la frenesia con la quale le aziende americane cercavano di accaparrarsi giovani manager capaci per realizzare i loro pianio di sviluppo, non immaginavano certo che questa espressione sarebbe entrata così prepotentemente nel gergo degli uomini delle risorse umane.

Eppure, oggi, a dieci anni di distanza, questa espressione è più attuale che mai. Ai primi tiepidi segnali di ripresa economica, le aziende sono di nuovo in campo alla ricerca dei collaboratori di maggior valore.

Dopo un periodo difficile per l’Italia – gli anni che vanno dal 2002 al 2005 –
caratterizzato da una crescita economica stagnante all’interno della quale le aziende per far fronte alla crisi hanno pensato principalmente a tagliare costi laddove non sono state invece costrette a tagliare le persone, gli uomini delle risorse umane sono di nuovo in campo per accaparrarsi i collaboratori di maggiore talento.

Ma chi sono veramente i talenti? Sono giovani con un forte potenziale e con prestazioni superiori alla media, in grado di lavorare assumendosi responsabilità sempre maggiori, veloci nell’apprendere e in grado di trasferire valore alla struttura all’interno della quale operano. Ma anche manager con più anni di esperienza, che eccellono nell’operatività e con un alto grado di affidabilità. I talenti sono persone che oltre a garantire elevate prestazioni fanno squadra e trasmettono entusiasmo al gruppo in cui lavorano.

Oggi quindi vincere la guerra dei talenti significa, per le imprese, essere in grado di rispondere alle esigenze e alle aspettative dei collaboratori potenziali e attuali, perché la competizione si gioca anche in un’ottica di retention. Vuol dire comunicare l’impresa al mercato del lavoro cominciando da qualle comunicazione interna troppo spesso sottovalutata per non dire dimenticata. Vuol dire costruire un ambiente di lavoro attento alle esigenze dei dipendenti, con una costante attenzione al clima organizzativo, gestendo le prestazioni dei collaboratori, investendo sullo sviluppo delle competenze professionali, comunicando in modo chiaro e distintivo la proposta di valore legata al brand aziendale.

In una parola, ancora un volta, significa adottare una efficace politica di employer branding.

martedì 10 aprile 2007

Introduzione al concetto di employer branding

E’ ormai noto che periodi di congiunture sfavorevoli (come quello che ha caratterizzato il mercato del lavoro in Italia dalla fine del 2001 a tutto il 2005) si alternano a fasi caratterizzate da grande domanda di specialisti.

I responsabili delle risorse umane sanno che in entrambe quelle fasi, il proprio lavoro è tanto più efficace quanto più il nome della loro azienda è apprezzato dal mondo del lavoro e in particolare tra gli specialisti e i
top performer.

Il tema è particolarmente interessante: sappiamo quanto sia difficile assecondare l’esigenza di innovazione, quali problemi pone la necessità di gestire e guidare l’impresa verso il cambiamento e quanto importante sia il ruolo delle risorse umane in tutto questo, per la necessità di trattenere, attrarre e motivare i migliori talenti.

La maggior parte delle aziende oggi ha un obiettivo prioritario da perseguire: aumentare la qualità dell’occupazione.

Questo serve non solo a garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali in termini di sviluppo, crescita e competitività, ma anche in termini di riconoscimento della realtà aziendale come employer di riferimento, con un miglioramento della propria immagine verso il mercato dei potenziali collaboratori dell’organizzazione.

In un’economia come quella attuale, basata sulla conoscenza, l’individuo inteso come risorsa assume un ruolo centrale in azienda e sempre maggiore importanza viene data al cosiddetto capitale intangibile, il capitale intellettuale, che costituisce il vero motore dell’azienda.

I collaboratori dell’azienda richiedono oggi un maggiore livello di coinvolgimento e di partecipazione alla vita dell’impresa e le organizzazioni sono chiamate ad attuare delle politiche di gestione del personale che siano in grado di dare risposte concrete a queste richieste.

Per poter fare questo e impostare con correttezza una politica di gestione delle risorse umane che tenga in giusto conto le richieste e le aspirazioni dei dipendenti è necessario comprendere quali sono le percezioni, le aspettative, le motivazioni e le preoccupazioni di tutte quelle persone che con il loro talento possono fare la differenza in un’azienda.

Si tratta quindi di indagare il vissuto lavorativo dei collaboratori dell’azienda, e come viene percepito il proprio ruolo oggi all’interno dell’azienda, la qualità del posto di lavoro e, soprattutto, come viene percepita l’azienda nel mercato del lavoro e rispetto ai propri competitor.

Il tutto con l’obiettivo di valutare, dal punto di vista dei collaboratori attuali e potenziali, ciò che rende un posto di lavoro migliore dell’altro e su quali elementi può essere costruita un’azione volta a rafforzare la motivazione interna e la percezione dall’esterno dell’azienda come un buon posto in cui lavorare.

Ovvero, applicare una corretta politica di employer branding.