Prendo spunto da un articolo di Luca De Biase apparso su Il Sole 24 Ore del 17 maggio 2007 , Pubblico Attivo, per una più generale riflessione sugli impatti che il social networking rischia di avere e per certi versi sta già avendo sulle attività di recruiting e di employer branding delle aziende.
Nell'articolo in questione si osserva come i contenuti generati dagli utenti della Rete e l'utilizzo sempre più frequente di servizi quali Tumblr, Twitter, Last.fm, Digg, MySpace e YouTube stanno trasformando i media e condizionandone i modelli di business.
Secondo De Biase "all'Ocse, calcolano che il 35% delle persone connesse in larga banda abbia pubblicato qualcosa sul web, il 25% di coloro che hanno meno di 30 anni ha un suo blog, la metà dei teenager fa parte di un network sociale in rete. In Giappone, 8,7 milioni di persone hanno un blog. In Corea del Sud il 50% degli internettiani ha un blog. In Cina, il 43% delle persone che accedono alla rete usa le bacheche elettroniche e i forum, mentre il 24% usa un blog. Inoltre, il tempo che la gente passa con i siti che consentono di pubblicare qualcosa in rete è sempre più lungo. Nel Regno Unito addirittura 4,2 giorni al mese (tanto per avere un metro di paragone gli italiani che usano internet in media si connettono per 18 ore e mezza al mese, secondo la Nielsen/NetRatings). Il fenomeno è globale".
E non riguarda solo chi pubblica video su YouTube o foto su Flickr, ma anche - per quanto più attiene alle nuove frontiere del recruitment marketing e dell'employer branding - chi cerca colleghi con Linkedin, fa marketing personale con MySpace e con Facebook.
E' in buona sostanza la nuova frontiera del web 2.0 con la quale le direzioni risorse umane delle aziende saranno chiamate sempre di più a confrontarsi per non perdere la sfida di accaparrarsi, su scala mondiale, i migliori talenti che sempre di più, a cominciare dagli Usa dove queste piattaforme sono più diffuse, coinvolgono quella fascia di età della popolazione che va dai 16 ai 24 anni e che sempre di più sarà difficile per le aziende intercettare, per campagne di marketing, di prodotto o anche - per quello che in questo contesto più ci interessa - di recruiting,
Riprendendo quanto segnalato dall'articolo infatti "una ricerca citata dall'Ocse segnala che il 62% dei contenuti online visti dai ventunenni è generato da qualcuno che già conoscono offline. Con questo sistema, non professionale ma efficace, una quantità di attenzione devia dal mondo dei media tradizionali verso questo mondo dei contenuti generati dal pubblico".
Proprio per questo chi si occupa di recruiting nelle aziende deve iniziare a tenere d'occhio con molta attenzione queste evoluzioni che a breve rischiano di avere un forte impatto con l'aumento dell'utilizzo di piattaforme e sistemi di social networking anche da parte dei giovani talenti italiani e più in generale per le grandi aziende dove maggiore è l'impatto dell'innovazione e della creatività e che sempre di più dovranno confrontarsi e aprire le proprie strategie di recruiting anche ai talenti provenienti da altri Paesi.
E l'unico modo di farlo sarà di riuscire a comprenderne per tempo le potenzialità e le modalità di utilizzo e integrarne l'utilizzo nelle proprie strategie di employer branding.
Nessun commento:
Posta un commento