L’Italia è in recessione. A lanciare l’allarme è Confindustria, che vede nero per l’economia della penisola. Il Centro Studi dell’associazione degli industriali prevede infatti per il 2008 un calo del Pil dello 0.1%. Un risultato che sarebbe in forte contrazione rispetto all’aumento del prodotto interno lordo del’1,5% registrato nel 2007 e che farebbe quindi parlare di recessione. La terza per l’Italia dal dopoguerra, dopo quella del 1975 e quella del 1993. Il quadro è drammatico ha detto ieri il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia nel corso della presentazione del rapporto per sintetizzare e riassumerne i risultati, sebbene a ben guardare, le stime presentate da viale dell’Astronomia non siano intrise di pessimismo: l’ufficio studi dell’associazione degli industriali ritiene infatti che, archiviato il 2008 con un Pil ad un -0,1%, nel 2009 l’attività produttiva riprenderà e dopo un primo trimestre ancora negativo (-0,4%) l’anno dovrebbe chiudersi con un ritmo di sviluppo più vivace al +1,4%.
Se questo è il contesto nel quale ci muoviamo, non sorprende allora che il tasso di fiducia nel lavoro sia ulteriormente peggiorato tra diplomati e laureati italiani. Il numero di coloro che ritengono che oggi sia più facile trovare lavoro rispetto a sei mesi fa scende all’11,3% rispetto al 12,8% di un anno fa e aumenta sensibilmente il numero di persone che ritengono invece sia molto più difficile, il 39,2% rispetto al 36,2 per cento del 2007.
Insomma che lo si abbia o che lo si cerchi, l’impiego è ancora grave motivo di inquietudine e la maggioranza degli italiani pensa che trovarne uno nei prossimi mesi sarà sempre più difficile. Se infatti nel 2007 il 13,7 per cento degli intervistati intravedeva una speranza nel futuro, quest’anno è solo il 12,1 per cento a considerarsi ottimista sulla possibilità di trovare un nuovo impiego o cambiare l’attuale nei prossimi sei mesi, mentre la percentuale dei pessimisti sale dal 34,9 per cento del 2007 al 37,6 per cento del 2008.
Sono queste in buona sintesi i dati relativi alla fiducia nel lavoro emersi dall’analisi delle risposte dei 5.040 intervistati che hanno partecipazione all’edizione 2008 dell’indagine "Best 100, le aziende preferite dagli italiani" che, tra le altre, rileva anche l’andamento della fiducia di studenti e professional sulle prospettive di impiego e di carriera. Come abbiamo in passato già avuto modo di sottolineare infatti l’analisi dell’andamento del tasso di fiducia nel lavoro è uno dei parametri che chi si occupa non solo di employer branding in azienda ma anche più in generale chi si occupa di risorse umane deve tenere in considerazione perché è un dato che fornisce indicazioni sullo stato d'animo dei potenziali candidati ai quali sarà diretta la comunicazione dell’employer value proposition aziendale. Una forte sfiducia nella possibilità di trovare lavoro, porterà come conseguenza la ricerca da parte di coloro che la esprimono di aziende che siano in grado di assicurare principalmente la sicurezza del posto di lavoro. Ma non è detto che siano questi i candidati corretti per la mia azienda. E allora capire come viene interpretata l’azienda da parte di questi candidati può risultare una ulteriore informazione da tenere in considerazione per comprendere come si posiziona l’employer brand aziendale nello scenario competitivo del mondo del lavoro, anche rispetto ai competitor più diretti. Se scopro che il profilo del candidato che attualmente vorrebbe lavorare nella mia azienda mira alla sicurezza del posto di lavoro e ad un buon equilibrio tra lavoro e vita privata mentre il candidato che vorrebbe lavorare presso un mio competitor è una persona che ricerca la sfida, la competizione e la possibilità di crescita professionale, probabilmente dovrò fare una seria riflessione sul posizionamento della mia azienda nel mercato del lavoro e, soprattutto, sulla mia probabile incapacità di attirare le persone più cariche di valore.
Di estremo interesse poi l’analisi della fiducia nel lavoro per area geografica che riporta una fotografia istantanea della condizione del lavoro e dell’occupazione nel nostro Paese. Infatti, mentre al Nord, che ha il tasso di disoccupazione più basso in assoluto in Italia con il 4 per cento (fonte: Istat, rilevazione sulla forza lavoro in Italia, I trimestre 2008), la percentuale di persone persone che ritengono sia oggi più semplice trovare lavoro è del 18 per cento in crescita di un punto rispetto all’anno precedente, al Centro ma soprattutto nel Sud si è più pessimisti.
L’indice di sfiducia che è del 39,2 per cento su base nazionale al Centro è del 42,3 per cento mentre al Sud, che con un tasso di disoccupazione del 13 per cento è la maglia nera italiana, arriva a superare il 47 per cento con punte di particolare disagio economico e sociale in regioni come la Calabria, che si conferma anche per il 2008, la regione con il maggiore indice di sfiducia della penisola, con il 67,7 per cento degli intervitati che vede nera la possibilità di trovare un’impiego. Sono dati particolarmente significatici e che riferiti al sud diventano particolarmente drammatici se analizzati in merito alla sola componente femminile dove non è tanto indicativo il tasso di disoccupazione, pari al 17,4 per cento quanto il tasso di inattività che nel Mezzogiorno è pari, per le donne, al 62,9 per cento testimoniando tutta la difficoltà di entrare a far parte a pieno titolo nel mercato del lavoro.
D’altra parte è anche vero che nel Mezzogiorno potremmo avere a fine anno fino a 20 mila nuovi occupati in meno di quanto preventivato ad inizio anno. A lanciare l’allarme occupazione al sud è stato lunedì scorso 15 settembre il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, durante la prima giornata di presentazione dei dati del sistema informativo Excelsior sulla formazione e l’occupazione, messo a punto dal ministero del Lavoro e dall’Unione delle Camere di Commercio, dal quale emerge come le grandi imprese registrino quest’anno una diminuzione del numero di occupati pari allo 0,2% e che, se vogliamo un po’ a sorpresa, a reggere il ritmo delle assunzioni in Italia nel 2008 sono soprattutto le piccole e medie imprese che confermano infatti la creazione di circa 100 mila nuovi posti di lavoro (+1,5%). Quanto ai settori, l'occupazione continuerà a crescere soprattutto nei servizi (+1,3 per cento) e meno nell'industria (+0,6 per cento).
Per il presidente di Unioncamere, Andrea Mondello l'indagine conferma che il nostro sistema produttivo nel suo complesso ha la volontà di reagire alle crescenti difficoltà congiunturali. Resta però ancora grande lo spazio da colmare tra i suoi fabbisogni di capitale umano di qualità e il sistema della formazione.
E proprio quello della formazione è l’altro grave problema che è emerso dal rapporto Excelsior. In particolare si è parlato di un sistema della formazione soprattutto universitaria che sembra disorientare le imprese al punto che queste ultime riconoscono sempre meno valore ai titoli formali. I 2.500 corsi di laurea esistenti pochi anni fa sono diventati 5.500 e questo confonde le aziende che non riescono più a misurare le reali competenze acquisite dai giovani. Di fronte a questa situazione, ha dichiarato Giuseppe Tripoli, non possiamo stupirci del fatto che il sistema produttivo, nel momento in cui ha bisogno di reperire nuovo personale, si rivolga prioritariamente ai canali non formali, come quello della segnalazione da parte di altre persone. E in effetti i contatti personali risultano essere la terza modalità più usata per la ricerca di lavoro prima ancora degli annunci di rpq sui quotidiani, con il 48,7 per cento tra i 5.040 intervistati dell’indagine 2008 della "Best100, le aziende preferite dagli italiani" che dichiara di preferire i contatti diretti come modalità di ricerca di nuove opportunità professionali.
giovedì 18 settembre 2008
Lavoro: diminuisce la fiducia tra diplomati e laureati.
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3 commenti:
E chi non mette al primo posto nei propri pensieri oggi il proprio posto di lavoro? Sia chi lo deve trovare per paura di finire nel girone dei dannati dei precari a vita, sia chi lo ha per paura di perderlo. E non mi riferisco solo al dramma che stanno vivendo in questi giorni e non certo per colpa loro i dipendenti di Alitalia. Basta guardarsi in casa propria. Nella "mia azienda" (non l'azienda dove lavoro, la mia perchè la sento mia e mi ci identifico) hanno dichiarato ben 5 mila esuberi! Vogliamo parlare di come ci sentiamo noi dipendenti di quell'azienda che si chiama Telecom Italia?
Il tema mi sembra ben centrato. Senza nulla togliere ai signori di PeopleValue, ma ho letto un sondaggio della Ispo di Renato Mannheimer, credo fatto tra il 14 e il 15 settembre, quindi attualissimo, e non per nulla il lavoro è risultato essere la prima preoccupazione per gli italiani e il problema viene prima dell'aumento dei costi, dei salari bloccati, dell'immigrazione e della sicurezza. Leggevo durante il fine settimana un articolo su Economy nel quale si parlava di 175 mila posti a rischio licenziamento da qui a fine anno. Preoccupati? Non so voi, ma io si.
ciao federica, anch'io ho letto l'articolo a cui fai riferimento, ma la cosa che mi impressiona di più sono i numeri.
3/4000 esuberi (se tutto va bene) in Alitalia, 5000 in Telecom Italia, 4000 sono gli operai Fiat di Mirafiori già in cassa integrazione ai quali si aggiungeranno presto gli altri dello stabilimento di Cassino, Merloni (non Indesit) ha 580 dipendenti su poco più di 3000 in cassa integrazione, Electrolux 300 in cassa integrazione su 1450, Elica ha appena messo in mobilità 170 dipendenti, 340 su 420 sono in mobilità alla Mivar, per poi continuare con aziende come Riello, Burgo, Alcatel e via dicendo. L'ultimo dramma starebbe poi per arrivare al sud (e ti pareva) con i 1200 esuberi annunciati alla Natuzzi.
Per questo i dati citati dai sondaggi non mi sorprendono. Il punto a mio avviso è: qualcuno riesce a vedere la luce in fondo al tunnel?
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