Nessuno è esente dal rallentamento globale dell'economia. E' il quadro di una frenata, di rischi in aumento e turbolenze finanziarie che si intensificano quello presentato ieri dal capo economista del Fondo Monetario, Simon Johnson, con la revisione delle previsioni per il 2008: l'economia mondiale crescerà del 4,1% contro il 4,9% dell'anno passato e il 4,4% previsto lo scorso ottobre nel World Economic Outlook.
A originare il rallentamento sono gli Stati Uniti, epicentro della crisi finanziaria, che cresceranno nell'anno in corso dell'1,5 per cento così come l'Europa. La perdita è di mezzo punto percentuale sulle previsioni dello scorso ottobre.
Per l'Italia si parla di una crescita inferiore, dello 0,8 per cento anche qui in ribasso di mezzo punto rispetto alle previsioni 2008 del World Economic Outlook dell'ottobre 2007, sostanzialmente in linea con le previsioni del centro studi Bankitalia e della Confindustria, che stimano una crescita rispettivamente dell'1 e dello 0,9 per cento.
La crisi di governo poi che stiamo vivendo in questi giorni e il difficile scenario politico che l'accompagna aggiungono motivi di preoccupazione al quadro economico già di per se non brillante. Aggiungiamo poi che il sistema produttivo italiano si compone sopratutto di piccole e medie imprese, che si trovano ad affrontare mercati e sfide globali, in un contesto del mercato del lavoro che vede da un lato la fine del lavoro dipendente e dall'altro la progressiva erosione del potere di acquisto dei lavoratori, le cui retribuzioni sono ferme da sei anni, come ha rilevato un recente studio di Bankitalia.
Proprio sul fronte retributivo, molto sentito in questo momento, occorre un serio intervento di detassazione dei redditi da lavoro dipendente così come un nuovo modello di contrattazione, che alla base debba prevedere una gestione a livello nazionale, ma alla quale vada poi affiancata una successiva trattativa in azienda, che tenga conto delle specificità di ogni singola azienda superando le vecchie logiche di contrapposizione per la quali anche il sindacato dovrebbe rivedere la sua posizione così come le associazioni degli imprenditori.
Non è una caso che molti imprenditori illuminati, ne abbiamo in Italia, stiano iniziando a muoversi da soli. La storia la conosciamo e ne abbiamo già parlato. Ha iniziato la Fiat concendendo un aumento di 30 euro a titolo di anticipo sui futuri aumenti previsti dal rinnovodel contratto dei metalmeccanici (trattativa che si è poi chiusa con 127 euro di aumento su un periodo di 30 mesi) seguita da Brembo, Riello e da altre aziende dello stesso settore.
E' di questi giorni l'iniziativa dell'Anagina, l'associazione degli agenti dell'Ina-Assitalia che oltre ad una una tantum da 300 euro ha concesso un aumento del 4 per cento ai 2.500 del gruppo sempre a tiutolo di anticipo sul rinnovo del contratto aziendale e anche di Diego Della Valle che ha concesso 1.400 euro di una tantum ai propri dipendenti come premio per i buoni risultati aziendali, scatenando le dure reazioni degli organismi sindacali (a cui, va detto, sono iscritti solo il 10 per cento dei dipendenti della Tod's) per non essere stati coinvolti nella decisione e che apprendendo della stessa hanno gridato allo scandalo perchè si sono visti scavalcati così come, va detto anche in questo caso, si era sentita scavalcata Federmeccanica, l'associazione che raggruppa le aziende del settore metalmeccanico, dagli aumenti concessi da Marchionne prima e degli altri imprenditori poi, dimostrando ancora una volta che esiste un'arretratezza culturale in Italia nella gestione delle dinamiche legate più che al lavoro alla valorizzazione delle risorse umane e al riconoscimento del loro ruolo in azienda sia da parte delle associazioni di categoria che dai sindacati, troppo legati a vecchie logiche di contrapposizione tese a giustificare un ruolo che deve necessariamente aggiornarsi e reinventarsi alle luce delle mutate dinamiche che interessano oggi il mondo del lavoro, della produzione, della competitività e dello sviluppo.
Per il 2008 ci auguriamo che si vada verso un nuovo paradigma di rapporti e che questo venga recepito dalle aziende, dagli imprenditori, dalle associazioni di categoria, così come dalle associazioni sindacali e dalla politica, e che finalmente si mettano le risorse umane, il loro ruolo, il loro contributo e le loro aspettative al centro delle azioni di ognuno. Da questo punto di vista in Italia, sul fronte dell'employer branding e della gestione e valorizzazione delle risorse umane, c'è ancora molto da fare.
mercoledì 30 gennaio 2008
Competitività, sviluppo e risorse umane: le sfide per il 2008.
Etichette:
employer branding,
lavoro,
risorse umane
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento