mercoledì 27 maggio 2009

Rapporto Istat 2008: l'identikit del nuovo disoccupato.

Uomo, di età compresa tra i 35 e i 54 anni, residente nel Centro-Nord, diplomato e per la maggior parte ex lavoratore del settore industria: questo è l'identikit tracciato dall'Istat del nuovo disoccupato in Italia.

Un ritratto che fa riflettere perchè non è per nulla identico a quello di sempre, residente al Sud, con contratto di lavoro precario e generalmente donna. Quello che ci restituisce il rapporto Istat è invece un'analisi estremamente preoccupante perchè riguarda la parte più ricca del Paese, le persone nel pieno dell'attività lavorativa che peraltro avevano anche un contratto a tempo indeterminato. E' su questo che occorre soffermarsi per comprendere appieno tutta la portata della crisi economica che stiamo attraversando. Nel 2008, si legge ancora nel Rapporto Istat, la crescita dei disoccupati (186 mila persone in più) ha superato quella degli occupati, 183 mila persone in più. Non succedeva dal 1995. Più di mezzo milione di famiglie (531 mila per la precisione) sono senza lavoro: vuol dire cioè che nessun componente della famiglia ha un impiego. Mentre 617 mila famiglie vivono con un reddito da attività part-time, che vuol dire circa 700 euro al mese.

Il dato più drammatico è rappresentato dai motivi dell'accresciuta disoccupazione: i licenziamenti. E non di persone con contratti a termine che non sono stati rinnovati. Qui parliamo di persone con contratti a tempo indeterminato che hanno perso il lavoro. E lo hanno perso per effetto della crisi, perchè le aziende nelle quali lavoravano hanno per la maggior parte chiuso o ridimensionato di molto i propri organici. E stiamo parlando sopratutto di piccole e medie imprese, perchè chi può, le grandi sopratutto, ricorrono alla cassa integrazione. L'occupazione nelle grandi imprese a marzo 2009 e' diminuita dello 0,1% rispetto a febbraio 2009 e dell'1,2% rispetto a marzo 2008. E' sempre l'Istat a rilevarlo. Al netto della cig (cassa integrazione guadagni) il calo occupazionale e' stato del 3,4%, dato peggiore da gennaio 2001. Sempre a marzo, le ore di cassa integrazione utilizzate dalle grandi imprese sono state 35,3 ogni mille ore lavorate, vale a dire +370,7% rispetto allo stesso mese 2008.

E' questa in breve sintesi la fotografia che traccia il Rapporto Istat 2008 sul mercato del lavoro in Italia. Nel primo trimestre del 2009 il Pil ha registrato una contrazione molto intensa: -2,5 per cento in termini congiunturali e -4,6 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2008. Nonostante la caduta della seconda parte dell’anno, nella media del 2008 il Pil nell’Uem è cresciuto dello 0,8 per cento (2,6 per cento nel 2007). Nelle grandi economie dell’area il tasso di variazione del Pilè rimasto positivo mentre l’Italia ha registrato una diminuzione (-1,0 per cento). Di conseguenza, il differenziale negativo di crescita dell’Italia rispetto all’Uem si è ampliato ulteriormente, portandosi a 1,8 punti percentuali. In Italia, l’andamento congiunturale del Pil nel corso del 2008 è diventato progressivamente più sfavorevole: alla modesta crescita del primo trimestre (+0,5 per cento) sono seguite diminuzioni dello 0,6 per cento nel secondo, dello 0,8 per cento nel terzo e una brusca quarto (-2,1 per cento). La dinamica negativa del Pil si è ulteriormente accentuata nel primo trimestre del 2009, con una contrazione del 2,4 per cento in termini congiunturali e del 5,9 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2008; l’acquisito annuale è pari al -4,6 per cento.

Detto questo però occorre auspicarsi che la crisi economica globale serva a rappresentare uno stimolo per lavorare sulla competitività del Paese. E allora vanno bene le riforme contrattuali, le liberalizzazioni, l'intervento sulle infrastrutture, l'ampliamanento degli amortizzatori sociali, come chiesto in questi giorni da Confindustria, ma occorre anche spingere sull'innovazione, sulla ricerca, sulle eccellenze produttive, sul merito e, sopratutto, su un nuovo paradigma del lavoro che si basi sulla consapevolezza che il lavoro e i lavoratori sono centrali in questo meccanismo di rinnovamento perchè il successo di un'azienda parte dalle risorse umane. Non esiste business, impianto, produzione, tecnologia, attività aziendale che non abbia bisogno di motivazione, impegno, capacità e volontà delle persone che vi lavorano. E questo è ancora più vero nei periodi di crisi. Ancora una volta le risorse umane sono al centro dell'azienda: ora occore vedere se manager, imprenditori e, sopratutto, gli uomini dell'HR aziendale, sapranno cogliere questa sfida.

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