mercoledì 22 aprile 2009

"La fuga dei talenti": un libro da leggere con attenzione.

Un'astrobiologa a Londra, capace di trovare acqua e metano nello spazio; un compositore osannato dalla critica musicale di mezzo mondo e di base a New York; un manager delle risorse umane a Houston, Texas, che ha trasferito nel mondo dell'azienda le sue conoscenze musicali. Caratteristiche comuni: giovane età, nazionalità italiana, bravura fuori dal comune. E carriera fuori dall'Italia.
Sono tre delle storie raccolte da Sergio Nava, 33 anni, giornalista, nel suo libro La fuga dei talenti nel quale ha tracciato un quadro impietoso del nostro Paese, attraverso il ritratto di giovani professionisti che l'Italia si è lasciata scappare.
Storie, quelle raccolte da Nava, di professionisti "tutti (o quasi) accomunati da un male originale: l'essere bravi, capaci, meritevoli, con una marcia in più. E proprio per questo svalutati, sviliti, rifiutati e messi nell'angolo da un Paese che non offre loro alcun tipo di opportunità, oppure li blocca a un certo punto della loro carriera in una situazione di stallo, impedendo loro di dare fondo a tutte le proprie risorse. E di aiutare l'Italia a risollevarsi".
La cosa sorprendente, tra le storie di giovani di successo emigrati all'estero, è "la capacità di tanti italiani di essere protagonisti. Più bravi, flessibili, geniali di altri. Forse perchè abituati a confrontarsi con l'emergenza, e a doversi arrangiare, per chi non è raccomandato o non ha una famiglia che conta", dice Nava. Quante volte l'ho letta questa storia? Sì, il 110 e lode, i master, i titoli e il giovane che viene messo alla macchina delle fotocopie nello studio perché "deve crescere". Una catena di mortificazione delle intelligenze di donne e uomini nell'età dello splendore, quando la nostra massa cerebrale è nel pieno sviluppo e produce il meglio. E noi li teniamo a bagnomaria, in attesa che maturino. Ben che vada, il loro turno verrà dopo i 40 anni, piuttosto verso i 50, quando saranno demotivati o, peggio, motivati come i loro attuali dirigenti o insegnanti.
Il risvolto amaro è la conferma di un sistema Italia che continua a ignorare la meritocrazia, a premiare il familismo e le raccomandazioni. E a sperperare talenti. Al punto, ricorda il libro, che secondo il rapporto Italiani nel Mondo 2006, "la situazione attuale è equivalente al fatto che tre delle nostre maggiori Università lavorano solo per formare competenze che vengono poi utilizzate esclusivamente da Paesi stranieri".
Curioso e sorprendente, "il filo conduttore tra queste persone è l'umiltà, contrapposta all'arroganza di raccomandati e 'portaborse' che si incrociano qui", dice Nava. Che ispirandosi alla feroce ironia di Jonathan Swift, lancia una sua "Modesta proposta" in tre punti, in una situazione che considera causa di declino per l'Italia: rende obbligatorio per tutti gli studenti delle superiori un periodo di studio all'estero, "possibilmente in Paesi di provata meritocrazia"; punire come reato con pene sino a 10 anni la raccomandazione; premiare le aziende che affidandosi a pool di esperti assumano soltanto in base al merito. Provocazione? Forse. In ogni caso quello che ci racconta l'autore nel libro ci dice una sola cosa: l'Italia è un Paese che sta negandosi speranze e futuro per una sorta di concrezione mafiosa che ammanta l'intero mercato del lavoro. Ogni governo si presenta con piani di rientro dei cervelli, con enfatiche promesse su ricerca, scuola e formazione. Promesse appunto. Perché i cervelli vanno fatti maturare al caldo sole d'Italia e coltivati non negando opportunità e lasciando che il merito abbia il sopravvento. Senza negare lavoro. A tutti secondo i bisogni, a ciascuno secondo le capacità. Formule tanto semplici da essere applicate in Paesi d'Europa e di altri mondi, da governi di destra e sinistra. Non dall'Italia che pure siede nel G8 tra i grandi della terra.Nava ricorda una semplice verità: in molte nazioni la parola raccomandato esiste, la si pronuncia, ma definisce uno che volentieri si segnala per il talento. E da noi?


Storie di professionisti che l'Italia si è lasciata scappare
San Paolo Editore, 2009 - € 18,00

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