martedì 6 maggio 2008

Employer branding: nella competizione globale le risorse umane fanno la differenza.

In un'economia globalizzata che cambia volto molto rapidamente
il capitale umano insieme all’innovazione, rappresenta il principale fattore produttivo di un Paese.

Tuttavia l'innovazione parte dalle risorse umane: non esiste tecnologia che non abbia bisogno di un supporto fatto di motivazione, impegno, capacità e volontà delle persone. Nessuna tecnologia può sviluppare competitività quanto motivazione, preparazione e volontà di ottenere risultati. E queste doti risiedono unicamente nelle risorse umane.

La capacità di attrarre, assumere e trattenere le persone chiave è, oggi, uno degli aspetti maggiormente importanti del business aziendale.


Ne parla, in un articolo molto interessante pubblicato sul Corriere Economia di lunedì 21 aprile 2008, “Se Ibm vale di più di Wal-Mart il merito è di chi ci lavora” che vi segnalo, Arnaldo Camuffo, docente di Management presso l’Università Bocconi:

"Imprese come General Electric, Ibm e Procter&Gamble derivano circa il 70 per cento del loro valore di mercato da asset intangibili e buona parte di questo valore è costituita dal capitale umano.

L’indagine annuale di Fortune sulle Most Admired Companies mostra che le imprese leader nelle rispettive industrie raggiungono performance finanziarie, competitive, sociali e di innovazione più elevate grazie alla qualità del management e dei sistemi di gestione delle risorse umane.

Nella competizione globale, sono le scelte sul capitale umano a fare la differenza e anche se la globalizzazione tende a elevare e omogeneizzare gli standard di prestazione, ciò non implica la convergenza e l’isomorfismo dei modelli di gestione delle risorse umane.

Anzi è proprio mnella ricerca dell’innovazione nel campo del people management che le imprese possono creare differenziali competitivi. Nel settore della grande distribuzione, imprese come Wal-Mart, Costco e Tesco, adottano politiche di gestione delle risorse umane assai diverse. Wal-Mart , tutta centrata sulla riduzione dei costi retributivi e sulla sostituibilità del personale, Cotsco basata sulla riduzione del turnover, la fidelizzazione del personale e retribuzioni legate a skill e produttività.

Analogamente anche in settori maturi e labour intensive spostare sistematicamente le fonti di fornitura alla ricerca del costo del lavoro orario più basso non garantisce vantaggi competitivi sostenibili. Luxottica, leader mondiale nell’eyewear, continua a realizzare una quota rilevante dei propri volumi produttivi in Italia e affianca alle strutture produttive italiane operations in Cina interamente possedute e gestite secondo standard italiani.

Decisioni basate sul costo orario del lavoro senza tener conto della professionalità, della produttività totale dei fattori, dei costi organizzativi, possono essere fuorvianti, soprattutto per prodotti posizionati sull’high end del mercato e per quelli il cui tasso di innovazione e i tempi di risposta del mercato sono brevi.

Certo, la globalizzazione della competizione e dei mercati pone una pressione spietata sui risultati, soprattutto di breve periodo. Gli annunci di riduzioni salariali e di organico, così come quelli di delocalizzazioni produttive, fanno in genere volare i corsi dei titoli azionari delle società quotate, confermando che i mercati vedono spesso ancora le risorse umane come un costo e come un mero elemento del conto economico. E’ una concezione in contraddizione con il numero crescente di imprese che invece percepiscono le persone come una componente del capitale aziendale, da proteggere, da valorizzare e sulle quali investire.

In questo senso ricerche recenti mostrano che, almeno per le imprese multinazionali, le attività di formazione e sviluppo diventano sempre più importanti e strategiche. Evidenza ne è il proliferare delle cosidette corporate university con sedi ormai dislocate ovunque nel mondo e l’attestarsi di budget formativi anche nei periodi di rallentamento dell’economia, sistematicamente oltre il 2 per cento della massa salariale aziendale.

Queste contraddizioni che la globalizzazione esaspera, trovano riscontro anche in termini di comunicazione finanziaria. Un recente studio sul campione Fortune Most Admired Companies mostra che un terzo delle aziende del campione dedica pochissima attenzione al reporting sul capitale umano, mentre le imprese migliori, come ad esempio l’Intel, Ups, Well Fargo e Nokia, comunicano in modo trasparente, veritiero e completo in tema di capitale umano, correlando, attraverso metriche accurate le politiche di gestione delle risorse umane al valore prodotto.
Gestire le risorse umane nel contesto globale è un processo reso complesso dalle differenze interculturali derivanti dal fatto di operare in Paesi diversi, diversi assetti istituzionali e contrattuali in cui è necessario operare in modalità diverse in funzione delle singole specificità locali.

Per affrontare questa necessità, le imprese necessitano di leader capaci di guidare e innovare, e devono assicurarsi, senza fidarsi troppo del mercato come meccanismo allocativo, di alimentare una leadership pipeline interna adeguata alle sfide che intendono affrontare. Dati recenti, pubblicati su Harward Business Review mostrano che non solo le imprese che sono leader machine sono anche profit machine, ottenendo risultati superiori alle medi di settore, ma che alcune di queste imprese sono delle leadership brand, le scuole manageriali di settore, nel senso che forniscono manager leader alle altre aziende.

Di qui la necessità di concentrare gli sforzi sull’identificazione dei tratti di leadership necessari a condurre le imprese in questi contesti globali, costruendo esperienze organizzative, strumenti di valutazione, piani di successione manageriale e programmi finalizzati allo sviluppo della leadership che siano in grado di selezionare e sviluppare leader globali. Ma in questo campo le imprese non sono in grado di fare tutto. Senza la collaborazione delle altre istituzioni, a livello locale, nazionale e internazionale, questioni come la sicurezza e la salute sul lavoro, la tutela delle diversità, la produzione della conoscenza e della competenza sono difficili da affrontare. Serve una nuova stagione di alleanze con le istituzioni di ricerca e formative e nuove relazioni con gli altri attori sul mercato del lavoro".


Arnaldo Camuffo, “Se Ibm vale di più di Wal-Mart il merito è di chi ci lavora”, Corriere Economia, lunedì 21 aprile 2008.

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